Diocesi

Parola d’ordine per i preti novelli: creatività

Fantasia e libertà nell’osare senza essere preti-trottola: parlano i giovani che, il prossimo 8 giugno, inizieranno il loro percorso pastorale

L’8 giugno in Duomo saranno ordinati sacerdoti 17 diaconi (erano 15 nel 2023 e 22 nel 2022). Un traguardo raggiunto dopo oltre sei anni di formazione teologica nel Seminario di Venegono e vari tirocini pastorali. I novelli preti, tra i 24 e i 37 anni, provengono tutti, tranne uno, che è originario del Nicaragua, dalla Diocesi di Milano.

Il 20 giugno, in Curia, riceveranno poi dall’arcivescovo Delpini le rispettive destinazioni e saranno impegnati nella Pastorale giovanile, come tradizione per i nuovi preti, ma affiancati fino a settembre, nel loro primo incarico pastorale, dal sacerdote che li ha preceduti per una sorta di passaggio di consegne ed esperienze.

Hanno raccontato a Il Segno quali sono le loro aspettative per l’imminente lavoro, fra parrocchie sempre più vuote e tante responsabilità da assumere a fronte del calo di preti anche nell’Arcidiocesi ambrosiana.

La  risposta dei futuri preti è stata univoca: coniugare preghiera e creatività nella nuova missione che li attende, usare la fantasia e proporre esperienze ecclesiali meno rigide che in passato.

«Nella gente resta viva la domanda di senso, sta a noi trovare le strategie giuste», dicono. «Ci sono meno fedeli, ma anche più persone disposte a fare una vera esperienza di fede, se la proposta risulta bella. Quindi possiamo sicuramente essere creativi e liberi di osare». Esprimono però «preoccupazioni sul numero di parrocchie che potranno esserci affidate e il timore di fare il “prete trottola”».

Continuano: «Prima la gente andava in chiesa per dovere; oggi la scarsa partecipazione ci provoca, ci obbliga a impegnarci per trasmettere e far crescere la fede. Non siamo più schiavi di alcune strutture parrocchiali o diocesane che incasellavano l’evangelizzazione, adesso molto è lasciato alla nostra fantasia, al trovare la strategia giusta e metterla al posto giusto».

Un buon punto da cui cominciare ad annunciare il Vangelo è la testimonianza personale, non solo davanti ai credenti: a una persona atea o lontana dalla fede «motiverei la mia decisione di diventare sacerdote con parole molto semplici» – racconta uno di loro – «È una scelta d’amore. Chi me lo fa fare? Mi sono innamorato del Signore – il tutto della mia vita -, della Chiesa, della gente e alla fine ho risposto a questa chiamata all’amore, in cui vedevo la mia felicità e la mia pienezza. L’amore spinge a fare qualsiasi scelta, succede anche a un ateo».

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