Nel numero di giugno

Gli oratori e il disagio giovanile

Le storiche strutture si riorganizzano per rispondere anche alle fragilità degli adolescenti, cresciute dopo il Covid. Un reportage racconta il passaggio (difficile, ma possibile) delle famiglie Rom dai campi nomadi a una vera casa

Sono più di 900 nella sola diocesi di Milano e sono una presenza secolare che accoglie decine di migliaia di ragazzi ogni anno. E ora, complice il dopo pandemia, stanno cambiando per adeguarsi ai nuovi bisogni e cambiamenti sociali. La copertina de Il Segno di giugno 2023 è dedicata agli oratori. Il servizio descrive alcune esperienze pilota (Milano, Varese, Melegnano, Appiano Gentile) tra le molte decine che, grazie ai fondi del progetto regionale “Giovani in cammino”, stanno riorganizzando la propria quotidianità. Aperti a tutti, con orari più flessibili e mirati, gli “Oratori 2.0” vogliono essere sempre più un ponte tra la Chiesa e la strada, luoghi non solo di giochi e catechismo ma di aggregazione, veri presìdi di welfare capaci di rispondere anche alle problematiche e al bisogno di ascolto dei giovani, in particolare degli adolescenti. Il tutto attraverso una sinergia di educatori e volontari insieme ad altre realtà pedagogiche, alla scuola, al Terzo settore. Oratori dunque “permeabili”, che accolgono il disagio e le contraddizioni, “osservatori privilegiati” sul mondo giovanile, come sottolinea don Stefano Guidi, coordinatore di Odl (Oratori delle diocesi lombarde) e direttore di Fom (Fondazione oratori milanesi).

In un reportage al seguito delle unità mobili Apascial di Caritas ambrosiana, Il Segno racconta poi il delicato passaggio dei rom dai campi nomadi (oggi drasticamente ridotti rispetto a soli 10 anni fa) a vere case. A Milano l’équipe è sul territorio più volte a settimana e raccoglie, nelle strade spesso alla ribalta della cronaca milanese, le richieste grandi e piccole di circa un centinaio di famiglie. Si muovono con cautela in vicende che procedono tra legalità e illegalità, tra occupazioni e alloggi regolari, tra diritti e burocrazia. Nella consapevolezza che «avere un tetto, anche se non è quello di una casa propria, per chi ha alle spalle anni di deprivazione rappresenta comunque un miglioramento, rispetto alle condizioni di un campo nell’hinterland milanese».

Come stanno e cosa pensano di se stessi i preti ambrosiani? Don Giuseppe Como, tra gli autori della ricerca “Un popolo e i suoi presbiteri. La Chiesa di Milano di fronte alla diminuzione dei suoi preti”, pubblicata sul trimestrale “La Scuola Cattolica”, lo racconta attraverso quanto è emerso dagli innumerevoli incontri dei presbiteri con l’arcivescovo negli ultimi anni. I preti si sentono spesso in affanno, inadeguati e rincorsi dalle cose da fare. E si chiedono quale testimonianza vocazionale possono dare, se sono in costante debito verso la realtà che li insegue. Eppure non cedono allo scoramento e hanno idee chiare su come reinterpretare la loro presenza in questo tempo.

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