Servizio civile, cinquant’anni molto combattuti

Dall’antimilitarismo dei primi obiettori all’anno di volontariato (retribuito) che ha già coinvolto 500 mila giovani. Una scelta che ha cambiato la cultura del Paese. Anche se la pace ormai è solo una delle varie motivazioni
Campo profughi Tel Abbas, Libano (Foto di Luca Cilloni/ Operazione Colomba)

Costruire la pace è possible, come dimostra l’impegno di coloro che dedicano la vita a un pacifismo concreto e maturo. Se ne parla nella storia di copertina del Segno di dicembre. Pubblichiamo l’incipit di Maurizio Ambrosiani e una sintesi dell’articolo di Francesco Spagnolo.

Era il 15 dicembre 1972, quando venne finalmente approvata dal Parlamento una legge che riconosceva l’obiezione di coscienza, con la possibilità di scegliere un servizio civile sostitutivo di quello militare: la legge nota come legge Marcora, dal nome del senatore lombardo della Dc che la promosse. Era il punto di sbocco di una battaglia cominciata nell’immediato dopoguerra, quando il rifiuto di sottoporsi alla leva militare costava il carcere e l’interdizione dai pubblici uffici. Il primo caso famoso fu quello di Pietro Pinna, nel 1949, di cui prese le difese il filosofo pacifista Aldo Capitini, promotore della marcia Perugia-Assisi. In ambito ecclesiale fece discutere nei primi anni ’60 il caso di Giuseppe Gozzini, primo obiettore cattolico, mentre il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes chiedeva leggi giuste e umane sul tema. A fianco di Gozzini si schierò la voce profetica di padre Ernesto Balducci, che per questo venne processato e condannato. Stessa sorte toccò qualche anno dopo a un altro prete di frontiera, don Lorenzo Milani (cade proprio quest’anno il centenario della nascita), che si scontrò in tribunale con i cappellani militari.

Per Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana Pace e disarmo, intervistato da Francesco Spagnolo, «la pace non è solo fermare la guerra», ma significa anche lavorare ogni giorno dentro i conflitti veri e potenziali, e occuparsi di diritti, economia sostenibile e crisi climatica. La società civile nazionale e internazionale è molto più avanti delle istituzioni politiche nell’elaborazione di una pace “positiva”.

Un grande esempio di concretezza e ordinarietà dell’impegno per la pace viene dai Corpi civili di pace, attivi dal 2014 con 500 giovani volontari in tre anni da impegnare in aree di conflitto, a rischio o post conflitto, sia in Italia sia all’estero.

Dal 1992 è in prima linea Operazione Colomba, un corpo nonviolento di pace che ha già lavorato in Israele e Palestina, Siria, Ucraina, Albania, Colombia. In Italia organizza corsi di educazione alla pace nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università promuove incontri e sul territorio azioni politiche per sensibilizzare la popolazione.

La Caritas italiana, che ha avviato la convenzione con il ministero della Difesa fin dal 1977, ha inviato quell’anno i primi quattro obiettori di coscienza, di cui due dalla diocesi di Milano. Tra i primi a partire dopo il terremoto del Friuli va ricordato Roberto Rambaldi. Nel corso degli anni ben 20 mila giovani hanno prestato servizio attraverso la Caritas ambrosiana che li ha impegnati in cinque aree di bisogno: grave emarginazione, disabilità, anziani, minori, stranieri. Gli obiettori hanno lavorato sia in Italia sia all’estero (Messico, Perù, Nicaragua, Moldavia, Libano, Haiti…) fino al 2005. La nuova legge 64/2001 ha introdotto il servizio civile nazionale, aprendo anche alle donne; attualmente sono 33 i giovani in servizio.