Crisi energetica

Evitare gli sprechi non significa vivere in miseria

Gli inviti a contenere gli sperperi spesso sottintendono che si debba tirare la cinghia solo quando salgono i prezzi. Invece parsimonia e sobrietà sono sempre d’obbligo
Luca Mercalli mostra i pannelli fotovoltaici installati sul tetto di casa sua

Ogni grado in meno sul termostato corrisponde al 7% di consumo in meno. Ecco perché nel Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale, appena varato dal Governo con l’obiettivo di risparmiare 5,3 miliardi di metri cubi di gas, compaiono misure come l’abbassamento del riscaldamento e la diminuzione dei giorni e delle ore di accensione.

Sono consigli di buon senso che, indipendentemente dalla guerra, andavano applicati già da tempo. Ne parlavo ben 11 anni fa, nel mio libro Prepariamoci (ed. Chiarelettere). Provvedimenti simili, peraltro, sono stati oggetto di numerosi inviti fatti negli anni scorsi dalle istituzioni in tutta Europa. Se infatti in America i costi bassi dell’energia hanno sempre consentito sprechi assurdi (come i 18 gradi nelle stanze d’albergo, che ti costringono a indossare il golfino con 40 gradi fuori), l’Europa è tradizionalmente più attenta a contenere gli sperperi energetici. Insomma, gli inviti all’austerità non sono una novità. Chi ha la mia età si ricorda il periodo della crisi petrolifera a inizio anni Settanta e le domeniche senza auto…

Quello che io contesto, però, è la narrazione che accompagna questi inviti: sembra si sottintenda che quando l’energia costa poco, allora si può sprecare, e solo quando salgono i prezzi è necessario tirare la cinghia. Non è così. L’energia è un bene prezioso e, comunque la si faccia, crea danni ambientali. Perfino le rinnovabili hanno un prezzo in termini ambientali. La parsimonia e la sobrietà sono d’obbligo, sempre.

Questo non vuol dire vivere in miseria, ma implementare l’efficienza energetica. Un concetto anche questo ormai vecchio di vent’anni. Vi faccio l’esempio di casa mia: negli ultimi anni ho riqualificato la mia abitazione dal punto di vista energetico grazie al cappotto isolante, ai vetri tripli, ai pannelli fotovoltaici e ai collettori termici per l’acqua calda. Scelte dettate dalla mia naturale avversione nei confronti degli sprechi, che oggi mi permettono di riscaldare casa con il sole invece che con il gas di Putin. I sistemi di certificazione energetica delle abitazioni ci sono da vent’anni, cosa aspettiamo a riqualificare le nostre case, che sono colabrodo energetici? Usiamolo finalmente, questo benedetto ecobonus, a medio termine ne avremo un guadagno sia per l’ambiente sia per le nostre tasche.

Naturalmente quanto detto per le abitazioni vale anche per l’industria e per gli esercizi commerciali. Da quanti anni noi ambientalisti e scienziati ci battiamo per la chiusura delle porte dei negozi? Una stupidaggine clamorosa che, tra l’altro, non porta più clienti, come uno studio inglese ha dimostrato. Dirò di più: siamo noi clienti che dovremmo cambiare atteggiamento, non entrando più negli esercizi che tengono le porte aperte con il riscaldamento o il condizionamento acceso perché creano un danno alla collettività, che è ancor più grave in questo momento storico. Il Museo delle scienze di Trento già da molti anni ha sulle sue porte un bellissimo adesivo con la scritta: «Queste porte restano chiuse per salvaguardare l’ambiente». E poi, se ci pensiamo, i costi di questo spreco energetico prima o poi si ripercuotono sui prezzi: alla fine a pagare è sempre il cliente, ricordiamocelo.

Molti mi chiedono se penso che gli italiani seguiranno le indicazioni del Governo in materia di risparmio energetico, in assenza di controlli. Come sempre, ci saranno quelli che lo faranno per paura delle sorprese in bolletta, quelli che se ne infischieranno e infine i cittadini sensibili che stavano attenti già prima.

A questi vorrei indicare che ci sono altre due aree di possibile risparmio energetico, oltre al riscaldamento (che rappresenta il 30% delle nostre emissioni). Un grande ambito è quello dei trasporti: viaggiamo di meno, soprattutto con l’aereo, che è il mezzo più inquinante. Spostiamoci solo per motivi importanti, non per le vacanze esotiche, e usiamo il telelavoro dove si può. Non si tratta di rinunciare alle relazioni, ma di evitare le relazioni forzate a 10 mila chilometri di distanza: per quelle usiamo la tecnologia, per il resto dovremo imparare a valorizzare le relazioni su breve scala. La famosa città a 15 minuti di cui tanti parlano. Sarà la volta che impareremo a conoscere e a parlare col vicino di casa.

Terzo settore chiave del risparmio energetico: il cibo, che rappresenta un altro 30% delle nostre emissioni. Innanzitutto, impariamo a non sprecarlo, a utilizzare prevalentemente cibo stagionale e locale, perché il cibo che viaggia nel mondo usa energia. E mangiamo poca carne, perché la carne ha un ciclo produttivo estremamente inquinante. Il che non vuol dire diventare vegetariani: basta mangiarla solo un paio di volte alla settimana invece di tutti i giorni a pranzo e a cena, come invece fanno molte persone.


* meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico italiano, volto noto anche in tv

Tratto dal numero 10 (ottobre 2022) de Il Segno