Solidarietà in crisi?

Reinventare il volontariato dopo la pandemia

Anziani tagliati fuori. Associazioni bloccate. Giovani disponibili, ma difficili da attrarre (e da trattenere). L’emergenza Covid ha rimesso in discussione vecchie dinamiche e metodi organizzativi
Alcuni clown volontari svolgono attività di animazione nei reparti pediatrici

Viaggio nel mondo del volontariato da cui si coglie che qualcosa deve cambiare. Un consiglio viene dal sociologo Riccardo Guidi. Pubblichiamo di seguito le prime righe di Dario Paladini sull’inchiesta in copertina de “Il Segno” di luglio-agosto.

«Chi può metta, chi non può prenda»: il cartellino colorato (in otto lingue) era appeso alle “ceste sospese” che il 3 aprile 2020, in pieno lockdown, sono apparse nel quartiere Dergano-Bovisa di Milano. All’inizio le ceste, calate dalle finestre o fissate fuori dal portone nelle vie del quartiere, erano 16. L’iniziativa, partita da un gruppo di una ventina di donne del quartiere, è diventata presto contagiosa (per una volta questa parola è tornata al suo significato migliore!), tanto che nel giro di un paio di settimane sono diventate 60. Altri cittadini, anche di altri quartieri della città, hanno voluto replicare il gesto e hanno calato dai loro balconi le ceste. Con i vicini che aggiungevano pasta, olio, cibo in scatola, farine, prodotti per l’igiene. Le ceste sospese erano un modo, spontaneo, per offrire un aiuto materiale a chi era rimasto senza lavoro a causa dell’emergenza sanitaria, garantendo l’anonimato e sollecitando a donare chi poteva farlo.

Durante i periodi più difficili della pandemia, non solo nelle settimane del lockdown, sono nati tanti gesti di solidarietà. Da Milano a Varese, da Lecco a Monza e in ogni comune grande o piccolo del vasto territorio della Diocesi ambrosiana, persone di tutte le età (e in particolare i giovani) si sono offerti di portare pacchi alimentari alle famiglie in povertà, di fare la spesa per gli anziani chiusi in casa, sono state organizzate collette per acquistare computer e webcam per gli alunni in Dad (didattica a distanza) che ne erano sprovvisti. Allo stesso tempo, i volontari storici delle associazioni, spesso over 60, sono stati costretti dalle circostanze a fermarsi, oppure a rivedere completamente il loro modo di operare puntando tutto sulle chat online. In altri casi sono stati “sostituiti” da giovani per i quali il virus risultava meno pericoloso. Alcune associazioni hanno avuto lutti nelle fila dei loro volontari anziani, colpiti dal Covid-19. La domanda di fondo che ci si pone ora è: ma questo stravolgimento delle associazioni e del volontariato che cosa ha prodotto? Ora che sembra di intravvedere una luce alla fine del tunnel della pandemia, qual è l’eredità che lascia? Il volontariato sta facendo tesoro della lezione subita durante il Covid per reinventarsi un futuro? Che fine hanno fatto tutti coloro, e in particolare i giovani, che si sono dati da fare per consegnare pacchi alimentari a chi era chiuso in casa?