Un Segno per dire che alla gente seria non bastano gli slogan, le parole obbligatorie, il giudizio sui fatti ridotto a un titolo ad effetto. Ci ispira la persuasione che la gente seria desidera avere pensieri che fanno pensare, notizie che alimentano lo stupore, volti e storie che dicono qualche cosa della vita. Non siamo pratici di quell’arte di rendere clamorosa la banalità e morbosa l’informazione.
Non ci lasciamo catturare da una consuetudine diffusa a fabbricare notizie fluide, inafferrabili quanto alle fonti, improbabili quanto all’attendibilità, destinate ad essere presto cancellate: l’unico effetto prodotto sembra il malumore e lo scetticismo.
La rivista diocesana, il Segno, continua la sua tradizione e si rinnova perché c’è qualche cosa che merita di essere detto a persone che meritano di essere considerate gente seria e insieme semplice. Si rivolge a gente che cerca nel quotidiano segni per non disperare dell’umanità e diffida dell’informazione finalizzata a sedurre e a vendere, invece che a rendere più desiderabile la vita e più abitabile la terra. Si presenta come uno strumento cartaceo, in un certo senso in controtendenza, non per esibire una originalità costosa, ma per proporsi come utilità costruttiva.
Presento il Segno come uno strumento per gente che vuole essere pensosa, senza pretendere d’essere esperta, che vuole essere informata sulla terra che abita, su quello che avviene nelle comunità cristiane, sui gemiti e le speranze di questo popolo numeroso, fiero di essere “di Milano”, e di portare qui sapienza di popoli e canti di festa e domande ed energie di altri continenti. Una voce per la Chiesa dalle genti.
Affido al Segno la missione di dare voce alla gente e alle vicende delle comunità che fanno parte della Diocesi e hanno qualche cosa da dire. Nella visita pastorale trovo sempre motivo di stupore per l’immenso bene che si compie dappertutto, per tutti, con un coinvolgimento di molti. L’immenso bene è spesso senza parole. Forse perché gli ambrosiani amano fare piuttosto che parlare, forse perché i professionisti e i padroni dell’informazione sono appassionati di allarmi e di notizie deprimenti, forse perché non c’è uno strumento che possa dare voce alla vita vissuta e farne Segno del Regno di Dio che è in mezzo a noi: sta di fatto che l’immagine della realtà è offerta più dalle statistiche che dai racconti, più dal clamore di qualche notizia estrapolata che dalla testimonianza di un popolo che scrive la storia e i volti e i pensieri.
Il Segno, perciò, non sarà frutto di una redazione, cioè di un gruppo scelto di incaricati che lavora in un ufficio. Lo scriveranno le persone che vivono nel territorio della Diocesi, quelle che si incontrano per la Messa della domenica, quelle che, uscite dalla Messa e dalla chiesa seminano parole buone e gesti di carità in casa loro, nel condominio, in ufficio, a scuola, in ospedale, sui sentieri di montagna. Lo scriveremo insieme, tutte le componenti del popolo di Dio, noi che per vocazione e per missione raccogliamo le voci di tutti, decifrando le lingue delle genti, il gemito dei poveri, l’indignazione degli assetati di giustizia, il cantico di gratitudine per tutti gli uomini e le donne di buona volontà che come la lampada del santissimo, abitano la terra e si consumano facendo luce.