Papa Montini, san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, papa Francesco: i Papi hanno sempre guardato con speranza e affetto al Libano, un “piccolo-grande Paese” nel cuore del Medio Oriente che, nonostante le sfide e le ferite della guerra, ha mantenuto viva la sua tradizione di dialogo tra diverse comunità religiose e culturali. Papa Francesco, nel luglio 2021, lo ha definito «un tesoro di civiltà e di spiritualità», un esempio di pacifica convivenza che diffonde un messaggio universale di pace e fraternità.
Queste parole rispecchiano l’esperienza di vita di monsignor Mounir Khairallah, eparca di Batroun, città a maggioranza cristiana, prevalentemente maronita, a 55 chilometri a nord di Beirut. Con coraggio e passione ha scelto di testimoniare l’amore e il perdono come via per la riconciliazione in una terra martoriata dai conflitti.
Khairallah ha vissuto sulla propria pelle la violenza e la sofferenza: all’età di cinque anni, nel 1958, perse tragicamente i genitori, uccisi da un operaio siriano. La zia suora lo condusse con i suoi fratelli al convento per pregare non solo per i genitori, ma anche per l’assassino. Questo gesto di perdono, che Khairallah ammette di non aver inizialmente compreso, diventerà il nucleo della sua missione di vita. «Perdonare è l’unica via per la riconciliazione», ripete spesso, richiamando il messaggio di Gesù Cristo, che invita al perdono anche nei momenti più dolorosi.
Il Libano, nonostante le difficoltà politiche e sociali, rimane una terra di speranza. Khairallah riconosce che la convivenza è storicamente radicata nel Paese, nonostante le guerre civili e l’emorragia dei cristiani, che hanno dovuto emigrare a causa della crescente instabilità. Ma, come sottolinea, non sono i numeri a contare, ma la qualità della testimonianza cristiana e il suo Paese può tornare a essere un lievito di pace in tutto il Medio Oriente, dove i conflitti sembrano non cessare mai. Il conflitto israelo-palestinese è uno degli ostacoli più gravi alla pace nella regione: Khairallah critica la politica di Israele, che non riconosce il diritto del popolo palestinese ad avere uno Stato. Per lui, la Terra Santa dovrebbe essere un luogo di incontro e pace tra le tre religioni monoteiste, non un campo di battaglia. La soluzione, secondo il vescovo libanese, passa per il riconoscimento reciproco tra Israele e Palestina, un processo che potrebbe aprire la strada a una pace duratura.
La comunità internazionale, però, secondo Khairallah, non sta facendo abbastanza per risolvere la crisi: i Paesi occidentali, pur avendo una lunga storia di diritti umani e di rispetto della dignità umana, sembrano aver preso partito nel conflitto, talvolta alimentando l’intolleranza religiosa e politica. Khairallah lancia un appello agli amici internazionali, chiedendo di riconsiderare le loro posizioni e di lavorare insieme per ripristinare la pace e la giustizia.
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