La morte di chi, in Italia, è senza dimora continua a crescere, avviene durante tutto l’arco dell’anno, con picchi nelle due stagioni più estreme, l’inverno e l’estate. Nel 2025 sono stati registrati 322 decessi, ma il numero reale potrebbe essere più alto, poiché molte morti non vengono segnalate. I dati sono raccolti dalla Fio.PSD, la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora ente del terzo settore, un’associazione di solidarietà che da più di cinque anni aggiorna i dati in un database nazionale, ricorrendo soprattutto alle notizie di cronaca. A Milano, dove il fenomeno è più concentrato, si stima siano circa 600 le persone senza un domicilio, anche se la realtà potrebbe essere più ampia a causa del “sommerso”.
La maggior parte delle vittime è composta da migranti, richiedenti asilo o persone con problemi di salute mentale e dipendenze, ma recentemente è aumentata anche la percentuale di donne, anziani e giovani che, dopo aver lasciato le comunità, finiscono per vivere in strada.
Le cause di morte sono diverse: molti muoiono per malori improvvisi legati alla povertà, altri per aggressioni, annegamenti o abuso di alcol e droghe. In alcuni casi, la causa non è stata determinata. Il fenomeno colpisce maggiormente la Lombardia, che registra il numero più alto di decessi, con Milano al primo posto.
Per quanto riguarda i funerali, il Comune di Milano copre le spese quando il defunto è indigente o non ha familiari che si occupino delle esequie. Questo servizio, normato dal Dpr 285/1990, prevede funerali dignitosi, ma senza aspetti religiosi, convenzionalmente noti come “funerali di disinteresse”. Dal 2020, sono stati celebrati 1.176 funerali, di cui 966 per persone senza risorse. Tuttavia, quando la salma non è identificata o è sotto sequestro, i tempi possono allungarsi.
Alessandro Pezzoni di Caritas ambrosiana, vicepresidente e responsabile dell’area grave emarginazione, sottolinea che, sebbene l’attenzione al fenomeno sia aumentata, i decessi continuano a verificarsi in modo preoccupante. Proposte come quella di creare memoriali o targhe per ricordare i senza dimora deceduti, simili alle pietre d’inciampo, potrebbero sensibilizzare la cittadinanza e portare alla luce una realtà che rischia di essere dimenticata. In questo modo, la morte di chi vive in strada potrebbe diventare un simbolo di un’emergenza sociale che necessita di maggiore visibilità e intervento.
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