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Il pellegrinaggio oggi, tra fede e turismo

Da esperienza ascetica a viaggio religioso: il pellegrino del nostro tempo unisce motivazioni spirituali, culturali e sociali. L’Italia è tra le mete più ambite, accanto a luoghi come Lourdes, Fatima e la Terra Santa. Ma chi è oggi il pellegrino? E cosa cerca davvero?

Nella cultura medievale, l’Homo viator era il simbolo dell’uomo in cammino verso Dio, spinto dalla fede e dal desiderio di salvezza. Oggi, nel tempo dei social media e della mobilità globale, quell’archetipo si trasforma in Homo viatour: un pellegrino moderno che viaggia non solo per devozione, ma anche per conoscere, incontrare, condividere e – talvolta – mostrarsi. Il viaggio religioso si fa così esperienza a tutto tondo, che combina spiritualità, turismo e cultura. Si tratta di un fenomeno in forte espansione, con oltre 600 milioni di persone coinvolte nel mondo e un giro d’affari di circa 18 miliardi di dollari. Le mete si moltiplicano: in Italia spiccano Roma e il Vaticano (10 milioni di visitatori l’anno), seguite da San Giovanni Rotondo, Padova, Assisi, Loreto e Pompei. A livello internazionale, restano centrali la Terra Santa (oggi colpita dal conflitto israelo-palestinese), Lourdes, Fatima e Medjugorje.

Ma chi è il turista religioso? In prevalenza si tratta di adulti e pensionati, spesso donne, ma con una presenza crescente di giovani attratti dai cammini spirituali o dai grandi eventi ecclesiali. Sempre più viaggi sono organizzati in piccoli gruppi o in famiglia, meno legati al contesto parrocchiale, e guidati dal desiderio di integrare la fede con l’esperienza culturale e personale.

Come osserva Giorgio Trivellon, direttore di Duomo Viaggi: «Il pellegrino oggi vuole unire i momenti di preghiera alla scoperta dell’arte, della storia e della cucina locale». Non si tratta più solo di “andare in un santuario”, ma di vivere un incontro, riscoprendo le radici spirituali e culturali di un territorio. Il pellegrinaggio resta, così, un modo per cercare un “oltre”, anche nella società secolare di oggi.

Don Massimo Pavanello, responsabile del Servizio diocesano Turismo e pellegrinaggi, invita a riflettere sul rischio che il pellegrinaggio diventi una semplice fruizione turistica, perdendo la sua valenza interiore. In Italia, dove la religione permea il patrimonio culturale, cresce l’interesse per cammini e mete sacre, ma spesso manca una consapevolezza autentica. In realtà, il turismo religioso può essere una via di sviluppo sostenibile, capace di valorizzare territorio, tradizioni e spirito, rispondendo al bisogno di autenticità e spiritualità anche nelle società secolarizzate.

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