Problemi di alloggi a prezzi accessibili a Milano e hinterland per i giovani; solitudine e difficoltà ad affrontare le problematiche quotidiane per i più anziani.
Per affrontare entrambi i problemi una soluzione può essere il ricorso al co-housing: ai giovani viene offerto un alloggio a un costo abbordabile e in cambio aiutano gli anziani nelle mansioni quotidiane e a sentirsi meno soli.
Una formula, come dichiara don Marco Cianci, cappellano dell’Università degli Studi di Milano e responsabile del Servizio università della Diocesi, che «promette molto di più di quello che vorrebbe offrire. Il giovane non è più colui che non comprende, non ama o non ha valori. Mentre l’anziano non è più visto come una persona di altri tempi. Tra i due nasce invece un dialogo costante e reciproco».
Regione Lombardia proprio su questa linea ha avviato un progetto di co-housing coinvolgendo innanzitutto le università: sono stati selezionati tre atenei, l’Università degli Studi di Bergamo, l’Università degli Studi di Pavia e l’Università degli Studi di Milano, i cui rispettivi progetti sono stati attivati tra ottobre e dicembre. È stato anche stanziato un budget di 1,2 milioni di euro equamente distribuiti, che permetteranno di abbattere i canoni di locazione consentendo agli studenti di pagare una quota mensile inferiore all’attuale richiesta di mercato.
Il principale ostacolo da contrastare è la diffidenza degli anziani nell’accogliere persone estranee, ma il profilo dello studente verrà prima approfondito e valutato in maniera opportuna dall’università stessa e dalle associazioni del Terzo settore. La coabitazione verrà poi monitorata costantemente per intervenire in caso di inconvenienti.
L’idea di co-housing tra giovani e anziani non è però recente, già da qualche anno ha preso piede nel capoluogo lombardo seppur con numeri contenuti. Ne parla Monica Bergamasco, coordinatrice del progetto “Prendi in casa”, avviato dall’associazione “Meglio Milano”: all’inizio l’iniziativa è partita dal quartiere Bovisa dove era stato appena inaugurato il nuovo polo del Politecnico di Milano e negli anni si è poi estesa a tutta la città e all’hinterland. Ogni convivenza coincide di solito con la durata dell’anno accademico, da un minimo di 5-6 mesi fino a 10. Se le condizioni sono favorevoli, la coabitazione può essere rinnovata per più anni, coprendo talvolta l’intero percorso di studi e anche il passaggio dall’università al mondo del lavoro.
Se la diffidenza da parte degli anziani rimane l’ostacolo principale, da parte dei giovani si nota al contrario una maggiore propensione alla convivenza con una persona in età avanzata.
«Molti ragazzi – racconta Bergamasco – sono alla ricerca di un clima più familiare e di un rapporto nonno-nipote che magari non hanno mai avuto o non hanno più per diversi motivi. Inoltre, c’è l’idea che una casa abitata da una persona anziana sia più curata e un minimo più accogliente».