In una breve sequenza del film Picciridda, del 2019, dopo la processione con il parroco e con la statua della Vergine, l’intero paese si mette in fila di fronte alla Madonna.
Ognuno aspetta il suo turno: depone l’offerta e il peso che ha sul cuore. La piccola Lucia guarda e non capisce. «Ma che fanno quelli?», chiede alla nonna, un’anziana arcigna e indurita dalla vita. «Sperano», risponde lei con una punta di disprezzo nella voce. «E che sperano?». «Dipende. I malati sperano di guarire, i poveri di diventare ricchi, i pescatori che il mare è pieno di pesci… Ognuno spera quello che vuole». A questo punto la bambina si fruga nelle tasche ed estrae una moneta. «Cento lire bastano?», domanda. «Per fare che?». «Sperare», risponde Lucia, come se non ci fosse neppure bisogno di dirlo. Ma la nonna ha altre idee. «Sai che cosa ci puoi fare con cento lire?», ribatte. E la manda a prendersi un gelato.
Credo che sia una scena straordinaria. In poche battute descrive come noi adulti a un certo punto abbiamo deciso di barattare i grandi sogni con delle piccole soddisfazioni. Si è trattato forse di un istinto di difesa, dopo essere rimasti scottati da false promesse e da ideali illusori. Abbiamo cercato di non cascarci più. Così abbiamo cominciato a spiegare ai nostri figli (e a credere noi stessi) che la felicità non esiste e che il massimo a cui possiamo aspirare è un gelato.
Il risultato lo racconta un’altra sequenza del film. Lucia ha parlato al telefono con i genitori che sono da molti mesi lontani per lavoro. Ora riferisce alla nonna: «La mamma mi disse che sperano di tornare qua». «E non sei contenta?». «Quando sono partiti», risponde Lucia, «mi avevano promesso che tornavano. Ora invece “sperano” di tornare. Quando uno dice che spera di fare una cosa, poi succede che non la fa mai. Forse era meglio che non ci parlavo, così continuavo a sperare che tornavano».
La picciridda, insomma, avrebbe voluto sperare, ma ormai ha imparato che la speranza, in bocca agli adulti, è solo una pietosa bugia.
Spesso abbiamo la sensazione che manchino le buone notizie e che il nostro mondo sia privo di luce. Ma forse molto di più manca la nostra fiducia, la capacità di aprire spiragli a quanto risplende. La diffidenza porta istintivamente a chiudersi, ma affannarsi a serrare ogni possibile varco è il modo migliore per trovarsi nell’oscurità più completa.
Quest’anno, nella notte di Natale inizia il Giubileo. È un doppio annuncio di bene che cade in tempi tanto bui e difficili. Ma soprattutto è un doppio invito a uscire con coraggio dal rifugio in cui ci siamo rintanati e a tornare ad avere un po’ di speranza.