Giubileo

Pellegrini e artefici di speranza

I temi delle 34 giornate del 2025 a Roma: pace nel mondo, vicinanza ai più fragili, esercizio della pazienza contro la disperazione. Uno sprone al cambiamento quotidiano

Don Massimo Pavanello, delegato diocesano per il Giubileo, approfondisce sul numero di luglio/agosto de Il Segno i contenuti dell’Anno santo. Riportiamo il testo del suo contributo.

Il motto giubilare del prossimo Anno santo è “Pellegrini di speranza”. Un annuncio con il quale si è familiarizzato in questi mesi preparatori e dal quale sono già scaturite molteplici ipotesi di declinazioni pratiche. Nel mondo ecclesiale e fuori, pertinenti e meno. Il discrimine è costituito dalla coerenza con il messaggio centrale della Bolla di indizione, “Spes non confundit”, la quale rilancia un punto nodale: «Credo la vita eterna. Così professa la nostra fede e la speranza cristiana trova in queste parole un cardine fondamentale. Essa, infatti, è la virtù teologale per la quale desideriamo […] la vita eterna come nostra felicità».

“Gaudium et spes” già affermava, del resto, che «se manca la base religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si constata spesso al giorno d’oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione».

È questo futuro remoto che travasa speranza in ogni futuro prossimo. E persino nel presente. Il Papa lo crede. E sprona al cambiamento quotidiano. La cronaca, certo, non propizia la speranza. Ma non è un inedito. Il Pontefice, nel menzionato documento, ricorda il realismo di san Paolo il quale «sa che la vita è fatta di gioie e di dolori […]. Eppure scrive: Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza (Rm 5,3-4)».

L’annuncio giubilare, pertanto, trova forza e contenuto nella croce e nella risurrezione di Cristo.

Tanti sono gli ambiti – che la Bolla pontificia elenca – cui rivolgere il buon messaggio nel 2025. Settori in cui esercitare, sommamente, la virtù della pazienza. Dio per primo si mostra indulgente con ciascuno di noi. Come chiariva Paolo VI – nella “Apostolorum limina”, del 1974 – spiegando il puro significato della qualifica giubilare: «Poiché Cristo è la nostra indulgenza». Dopo aver attinto la virtù bambina nella grazia di Dio, ciascuno è chiamato a riscoprirla e a porla anche nei segni dei tempi che il Signore offre.

Segno apicale di speranza è la ricerca della pace per il mondo. Un favor vitae dalle molteplici ricadute. La vicinanza con i troppi che vivono in condizioni di disagio (detenuti, ammalati, poveri, migranti, succubi della iniqua distribuzione dei beni della Terra) è un altro appello giubilare. Le opere di misericordia, del resto, sono opere di speranza. Il prossimo Anno santo attende dote, inoltre, dalla sfera pancristiana. Esso coinciderà con i 1700 anni dalla celebrazione del primo Concilio ecumenico, quello di Nicea, che ha raccolto in formula l’essenza dell’uguale Credo.

Sono molti i temi, quindi, che marcheranno le 34 “Giornate giubilari” celebrate a Roma. Tutte accomunate da un messaggio speranzoso.

L’articolo completo è pubblicato su “Il Segno” di luglio-agosto