Inchiesta

Milano è città universitaria, ma non lo sa

Il capoluogo, nonostante numeri ed eccellenze, non sembra consapevole della forza dei suoi atenei e la politica non li favorisce. Le università fanno da sole, selezionando sempre più gli studenti, aprendo campus e cercando di arginare i privati nella disponibilità di posti letto. Se ne parla ne «Il Segno» di settembre
Foto Agenzia Fotogramma

Oltre 200 mila iscritti, eccellenza e qualità riconosciute nel mondo. Il capoluogo lombardo è secondo in Italia per numero di iscritti, primo se si guarda alle lauree magistrali e ai percorsi “Afam”, il settore dell’alta formazione nelle arti visive e musicali. Milano è prima anche per numero, e dimensione, degli atenei: la Statale, il Politecnico e la Cattolica superano i 40 mila iscritti e la Bicocca è oltre i 30 mila. L’Università Bocconi è quarta in Europa nel “QS ranking” del suo settore, il Politecnico è tra le prime 20 al mondo per Ingegneria, e tutti i grandi atenei stanno scalando le graduatorie di valutazione globali. Eppure, Milano non si percepisce immediatamente come una città universitaria. Un paradosso di cui si parla nella storia di copertina del numero di settembre de Il Segno.

Uno sguardo d’insieme

L’attrattività del capoluogo è fortissima, ma il tessuto cittadino è talmente ricco che, quando si pensa a Milano, le università non vengono considerate tra le istituzioni principali e la città non crea corsie preferenziali per chi decide di studiare qui. Proprio i numeri delle 8 università e delle 20 istituzioni del circuito Afam evidenziano l’urgenza di guardare al sistema universitario milanese con una lettura territoriale e collettiva, andando al di là dei dati del singolo ateneo. Un lavoro avviato dalle università pubbliche milanesi attraverso l’Osservatorio Mheo (Milan higher education observatory), che per la prima volta lo scorso maggio ha messo insieme i dati degli atenei, degli Its (gli istituti tecnico-scientifici post diploma) e del mondo Afam di Milano e della Lombardia.

Alcuni dati bastano per delineare da una parte una tendenza generale del mondo della formazione, con le cinque grandi città universitarie italiane (Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli) che richiamano 4 “matricole” su 10 e la metà degli iscritti alle lauree magistrali. Con il 14,4% degli iscritti sul totale nazionale (i dati si riferiscono al 2021), il capoluogo è la prima sede in Italia per i corsi di studio magistrali: c’è dunque una tendenza ancor più marcata di Milano alla formazione avanzata. Ma anche a selezionare, in modo più o meno stringente, chi inizia a studiare in città: già per la laurea triennale, infatti, 3 corsi di studio su 4 prevedono un test di ingresso, mentre a livello nazionale la selezione avviene in poco più di un caso su due.

La trasformazione in atto

Proprio in questi mesi, le università milanesi sono però protagoniste di un’altra grande trasformazione, che in questo caso tocca i tratti fisici della città e del suo hinterland, con la creazione e progettazione di campus. La Bocconi è stata la prima, nel 2019, ad ampliare i propri spazi con un nuovo campus a fianco alla sede storica, Politecnico e Statale, invece, guadagneranno spazi decentrandosi rispetto alle sedi storiche. Fa eccezione a questo movimento verso l’esterno la Cattolica, il cui nuovo campus nascerà in pieno centro. Gli spazi saranno infatti quelli dell’attuale caserma Garibaldi, a fianco della sede di Largo Gemelli. Oltre agli spazi per la didattica e la ricerca, la vera conquista sarà però incrementare i posti letto a disposizione degli studenti. A Milano gli studenti provenienti da fuori regione sono almeno 60 mila.

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