Terza età

Anziani: l’assistenza possibile

Le strade percorribili oltre le Rsa: dall’indennità di accompagnamento agli interventi domiciliari. Ne parla il servizio di copertina de Il Segno di luglio/agosto

Sono quasi 4 milioni gli italiani over 65 con autonomia ridotta, spesso fino alla totale non autosufficienza. Il Paese invecchia e i numeri sono destinati a salire: qual è la risposta? Per lo più è sempre la famiglia che riveste un ruolo chiave nell’assistenza agli anziani, spesso in maniera esclusiva. In Lombardia l’unica alternativa possibile pare essere la lungodegenza nelle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali: eppure le alternative ci sono, frammentarie e spesso poco conosciute dagli stessi specialisti.

Ne parla a Il Segno Mario Mozzanica – già docente all’Università cattolica e collaboratore della Fondazione opera aiuto fraterno. Il primo riferimento resta sempre il medico di medicina generale che, se riscontra una situazione di invalidità, può attivare l’Assistenza domiciliare integrata (Adi). È quindi previsto l’invio a domicilio di un’équipe (medico e assistente sociale) per una prima valutazione e un primo livello di assistenza domiciliare, con interventi generali. Quando l’équipe riscontra un’autonomia fortemente compromessa, allora può dare il via a una seconda valutazione che prevede interventi anche giornalieri, compresi il sabato e la domenica. Un’altra forma di sostegno alla non autosufficienza, indipendente dal reddito, è l’indennità di accompagnamento, erogata non dalla Regione, ma dallo Stato attraverso l’Inps.

Le cose non sono però semplici come sembrano. Spesso non si sa a chi rivolgersi e non tutti i medici di base conoscono i meccanismi di questi servizi. In Lombardia la Rsa è diventata essenzialmente una struttura che assiste persone gravemente non autosufficienti, sia sul piano fisico sia cognitivo, una sorta di ospedale per lungodegenti. Ma esiste anche la formula dell’“Rsa aperta”: si può chiedere, sempre tramite il medico di base, un supporto ausiliario per alcune ore nella giornata e il servizio viene garantito dalla Rsa accreditata più vicina.

Ciò che risulta chiaro è la mancanza di strutture intermedie tra il domicilio e le Rsa: bisognerebbe implementare l’offerta della residenzialità assistita per quelle «situazioni in cui una persona anziana, che non può più stare a casa da sola, ma che non è gravemente compromessa, può essere accolta in un alloggio protetto con alcuni servizi garantiti», spiega Mozzanica.

Ora la speranza è una riforma, la “Legge delega 33/23 in materia di politiche in favore delle persone anziane” approvata lo scorso marzo, che viene spiegata da Cristiano Gori, ordinario di Politica sociale all’Università di Trento e promotore del “Patto per la non autosufficienza”, un cartello delle principali organizzazioni del privato sociale impegnate nel settore.

Sintesi del servizio di copertina di Stefania Cecchetti su Il Segno di luglio/agosto