Reportage

Rom: dai campi nomadi a una casa

Centinaia di famiglie stanno vivendo il passaggio verso la stabilità di un’abitazione. Tra legalità e illegalità, tra occupazioni e alloggi regolari, tra diritti e burocrazia. Reportage al seguito dell’unità di strada Apascial di Caritas ambrosiana
Foto di Andrea Cherchi

I rom a Milano lasciano i campi per una vera casa, con tutti i chiaroscuri. Storie e testimonianze raccolte al seguito delle unità mobili Apascial di Caritas ambrosiana, équipe sul territorio più volte a settimana che, come indica il nome in lingua romanì, “si fa prossimo”, portavoce delle piccole e grandi necessità di un centinaio di famiglie. «La gran parte delle famiglie che conosciamo cercano percorsi di uscita dalle situazioni di irregolarità», spiega Sabrina Ignazi, responsabile Area rom di Caritas, sottolineando quanto l’approccio sia di un accompagnamento educativo, perché possano accedere a situazioni regolari e legali.

«Avere un tetto, anche se non è quello di una casa propria, rappresenta comunque un miglioramento, rispetto alle condizioni di un campo nell’hinterland milanese», ribadisce Annachiara Cavallari, responsabile dell’équipe.

I conti fatti dal Sicet, il sindacato inquilini della Cisl, sui 4 mila alloggi pubblici del quartiere San Siro, fotografano una realtà che, seppur non immobile, rimane sempre estremamente difficile: un anno fa, 2521 appartamenti erano regolarmente assegnati, 101 sfitti, 572 in manutenzione. Altri sono in via di valorizzazione, parola che racconta della futura destinazione ad housing sociale. E sono quasi 800 gli appartamenti occupati abusivamente, un numero che nel tempo fatica a scendere. Ma la situazione è ancora più complessa di quanto dicano i numeri. Ci sono gli inquilini regolari, c’è chi occupa consapevole dei rischi, cercando però una prospettiva stabile; c’è chi paga una stanza in subaffitto, e lo stesso alloggio si trasforma così, per chi ne è titolare, in una fonte di introito. Se la casa è dunque uno dei problemi principali per chi abita qui, la strada ne è il controcanto: il luogo dello scambio, dell’aiuto reciproco o del piccolo commercio; della sopravvivenza ma anche di quella che per tanti di questi abitanti è, tutto sommato, la normalità.

Leggi il reportage su Il Segno di giugno