Sono più di 900 realtà nella Diocesi di Milano: sono gli “oratori 2.0”, realtà vive e vivaci, luoghi in cui i più giovani possono trovare risposte e ascolto ai bisogni e alle fragilità accresciute dopo il periodo pandemico.
La storia di copertina del numero di giugno de Il Segno, il mensile della diocesi di Milano, racconta i quattro punti chiave per la prevenzione del disagio – aggregazione, formazione, sport e autonomia – sottolineati dal progetto “Giovani in cammino” (2022-23) di Regione Lombardia per gli Oratori delle diocesi lombarde (Odl), che si concretizzano negli oratori aperti a tutti, con orari il più possibile mirati, educatori e volontari pronti all’accoglienza.
Ciò che risulta chiaro è la necessità di agire in sinergia con altre realtà del territorio (dalle scuole agli enti del Terzo settore) ed essere un ponte tra la Chiesa e la strada, cercando di far incontrare gli adolescenti e le persone che vivono il quartiere. Con un’avvertenza: gli oratori non esistono per curare il disagio, ma per essere un ambiente di divertimento e crescita positiva.
«C’è grande bisogno di ascolto, bisogna trovare le fragilità e cercare di aiutare singolarmente tutti. Molti ragazzi con l’oratorio hanno trovato una via d’uscita», spiega don Stefano Polli della parrocchia di San Gaetano a Melegnano. Si raccontano quindi le esperienze di Varese, con il progetto “Happiness”, di Melegnano, Appiano Gentile, e la storia dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie al Naviglio a Milano, con il suo “abitare la Riva”. Tutte esperienze che fanno eco alle parole di don Stefano Guidi, coordinatore Odl, che interviene sottolineando come esistano tante storie di vicinanza e quotidianità che devono essere raccontate per generare fiducia e speranza.
Oratori quindi al servizio dei giovani. Oratori che cambiano per seguire il percorso di vita dei ragazzi. «Questo l’oratorio lo fa, l’ha sempre fatto e continuerà a farlo. Il futuro dell’oratorio non mi preoccupa. Vorrei che continuasse a essere una spina nel fianco, un luogo che provoca un pensiero educativo per tutti, non solo all’interno della comunità cristiana», ribadisce don Stefano Guidi.