Intervista al cardinale lecchese. Il compito è parlare di fede senza temere i nuovi linguaggi. E far sì che anche il non credente possa qualche volta sconfinare nel nostro territorio
In occasione del suo anniversario pubblichiamo l’intervista realizzata da Annamaria Braccini e il video completo. Di seguito uno stralcio dell’articolo pubblicato sul numero di ottobre 2022.
Nella lunga chiacchierata il cardinale Gianfranco Ravasi parla di sé, della sua storia di uomo, sacerdote, protagonista del mondo intellettuale. Alla prima domanda se sia nata in lui prima la vocazione o l’amore per la cultura risponde: «Si tratta di due esperienze intrecciate tra loro, perché il mio primo ricordo – quello di un bimbo di 4-5 anni – è legato a una sorta di sensazione interiore che ho vissuto nella Brianza dove sono nato in un paesino molto piccolo, Santa Maria Hoè, con una collina, una valle e il suono del fischio del treno. Avrei intuito poi che la malinconia di quel fischio lontano, aveva bisogno di qualcosa di solido, di permanente, da qui lo scattare in me della dimensione religiosa. Per questo penso, idealmente, di essere nato con un libro in mano».
È ottimista sul suo futuro in un Paese dove tanti la danno per morta e i giovani si esprimono per lo più con spezzoni di parole ed emoticon?
Una delle istituzioni che ho voluto fortemente come presidente del Pontificio Consiglio della cultura è stata proprio la Consulta giovanile, per ragazzi dai 18 ai 24 anni. Ho realizzato questa operazione non per una questione semplicemente pastorale, ma perché sento di essere estraneo a una cultura che si esprime attraverso i linguaggi social e una grammatica profondamente diversa dalla mia e che, comunque, voglio comprendere. Umberto Eco, un amico, aveva dimostrato, già tempo fa, che i giovani usavano 800-1.000 vocaboli sui 150 mila o più dell’italiano, che vuol dire che il loro linguaggio è estremamente prosciugato e ridotto. Ma ciò non esclude che mostri comunque le domande fondamentali dell’esistere. Sono convinto che avesse ragione Pascal quando sosteneva che «l’uomo supera infinitamente l’uomo» e che occorra seminare ininterrottamente l’inquietudine, essere una spina nel fianco. Julien Green diceva che «finché si è inquieti si può stare tranquilli», anche se sono convinto che la cultura contemporanea sia in una situazione di forte crisi, come la politica peraltro, non sapendo dire nulla sulle grandi questioni.
Ha un sogno nel cassetto?
Vorrei rispondere sul mio futuro, ormai crepuscolare, riprendendo una parabola indiana che fu cara anche al cardinal Martini e che è un’analisi della biografia umana in quattro tappe sincroniche. Prima di tutto c’è la stagione in cui si impara, e io l’ho vissuta continuamente nello studio; poi c’è il momento in cui s’insegna, il tempo del magistero, nel quale non si smette mai di imparare. Terzo, il periodo del bosco, quando ci si ritira, si sta in silenzio, si riflette. E infine la vecchiaia, in cui si diventa mendicanti, si ha bisogno degli altri: io entro appunto in questo tempo.
Un profilo di alto livello tra cultura e comunicazione
Nato in Brianza il 18 ottobre 1942, Gianfranco Ravasi è ordinato presbitero della Diocesi di Milano il 28 giugno 1966. Si laurea in Teologia alla “Gregoriana” e presso il Pontificio istituto biblico consegue la licenza in sacra Scrittura. Inoltre è laureato in Archeologia presso l’Università di Gerusalemme e sono molti i riconoscimenti accademici da lui ricevuti. È considerato uno dei massimi esperti di esegesi biblica (di cui è docente da molti anni) e del pensiero ebraico. Nel 2007 papa Benedetto XVI lo nomina presidente del Pontificio Consiglio della cultura. È anche membro di diversi altri Consigli e commissioni vaticane. Riceve la consacrazione episcopale il 29 settembre 2007 in San Pietro e il 20 novembre 2010 viene creato cardinale. Il 29 marzo 2014 papa Francesco lo conferma presidente del Pontificio Consiglio della cultura e, per l’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2014), presidente della commissione per il messaggio finale. Nel 2015, è commissario generale della Santa Sede per l’Expo di Milano. Il 5 giugno 2022 diviene presidente emerito del Pontificio Consiglio della cultura. Molto seguito su Twitter (bio: “sacerdote & cardinale”), è collaboratore fisso di testate giornalistiche nazionali; dal 1988 al 2017, conduce il commento alla Parola di Dio nel programma di Canale 5 “Le frontiere dello Spirito”.