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Editoriale

L’azzardo di cercare la pace e quell’idea folle di arare il mare

L’editoriale di Fabio Landi sul numero di maggio 2022, che ospita anche un confronto tra Tonio Dell’Olio e Mariapia Garavaglia sulla posizione dei cattolici al conflitto in Ucraina
Pablo Picasso, “La pace” (1952)
Fabio Landi22 Aprile 2022

Pubblichiamo l’editoriale del direttore de Il Segno don Fabio Landi sul numero di maggio 2022, che al tema della pace e alla posizione dei cattolici su come reagire al conflitto in Ucraina dedica anche confronto tra Tonio Dell’Olio, sacerdote e già coordinatore di Pax Christi, e Mariapia Garavaglia, presidente dell’Associazione nazionale partigiani cristiani.

Abbiamo a lungo pensato che la pace fosse una condizione ovvia, un presupposto sicuro a partire dal quale costruire. Il mondo biblico, che ben conosce la guerra, sa invece che la pace è un miracolo paragonabile a un giardino strappato al deserto o un campo salvato dalla violenza del mare. Occorre un lavoro costante per arginare su fronti opposti l’aridità della terra e l’impeto delle acque: la pace non è un luogo dove si possa stare con le mani in mano.

Ma la pace non è neppure un rifugio dorato. Anzi, è investimento, apertura, azzardo. Il sogno di un deserto che fiorisce e di un mare sul quale sia possibile coltivare. Così la immagina Picasso dipingendo la volta della piccola cappella di Vallauris: un cavallo alato trascina l’aratro in mare perché persino lì è giusto seminare e attendersi un raccolto.

Non ci sono terreni e non ci sono uomini che non possano diventare ulteriore ricchezza per la nostra vita. L’arcivescovo Desmond Tutu, che in Sudafrica ha presieduto la Commissione per la Verità e la Riconciliazione dopo gli anni di apartheid e che rappresenta una delle figure simbolo della “giustizia ristorativa”, amava ripetere che «se vuoi la pace non parli con gli amici, ma con i nemici».

Per questo occorre alimentare, anche all’interno della Chiesa, una cultura che creda nell’ascolto reciproco, nel dialogo e nella comprensione profonda del vissuto e delle ragioni dell’altro. Tutte cose possibili solo dove si nutre una piena fiducia nella forza liberante della verità. «Se aveste fede quanto un granellino di senapa», dice Gesù, «potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe».

“Dire” e “ascoltare” sono i verbi che edificano la pace, che mettono le gambe a ciò che sembra inamovibile e inestirpabile. Gli alberi si spostano e prendono casa sopra l’abisso, trapiantandosi al posto delle nostre paure, dell’ansia di sprofondare, di essere inghiottiti e non venirne più fuori.

Il lavorio per la pace, a tutti i livelli, anche quelli domestici e familiari, non è un’opera di mantenimento e neppure solo di riparazione: è l’idea folle di arare il mare, di rendere possibile l’impossibile, di trasformare un mondo inospitale in un giardino. E ogni fiorellino che cresce non è un tassello che torna al proprio posto, qualcosa che smette di darci noia, ma un miracolo che commuove e una ragione in più per vivere.

Articolo tratto dal n. 5 (Maggio 2022) de il Segno

dialogo Fabio Landi giustizia Pace Ucraina

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