«Condividete facilmente i vostri video con la famiglia, gli amici e i colleghi». Comincia con questa frase, nel 2005, la storia di YouTube. Siamo nella fase più effervescente della storia dei social media, un periodo, tra il 2003 e il 2006, in cui nascono in continuazione nuove piattaforme. I social network, nel 2005, sono pensati dai loro fondatori come strumenti per alimentare le relazioni sociali attraverso la condivisione di contenuti e YouTube viene proposto come strumento per raccontare la quotidianità agli amici attraverso brevi video.
Non sarà questo il suo destino, come oggi ben sappiamo, perché i suoi utenti (e Google, che ne diventerà presto il proprietario) intuiranno e coglieranno altre opportunità. E saranno queste che cambieranno parte delle nostre abitudini di consumo.
Perché YouTube è un po’ una cartina al tornasole dei social network, lungo la sua storia ne ha anticipato o rappresentato le evoluzioni. Facciamo solo tre esempi: l’ingresso dei contenuti generati da professionisti nel mondo dei social media, la nascita dei creator e il fenomeno degli influencer.
Dopo l’acquisto da parte di Google, YouTube ha iniziato a offrire ai suoi utenti contenuti generati da professionisti (all’inizio spezzoni di film e puntate di serie tv), non più solo brevi video amatoriali. Da social network è diventata una piattaforma di intrattenimento introducendoci ai cataloghi di prodotti audiovisivi al posto dei palinsesti televisivi e abituandoci a trovare già in evidenza i contenuti più adatti ai nostri gusti. Un consumo personalizzato, che intreccia scelte degli utenti e predizioni algoritmiche dei loro gusti. Quel tipo di consumo che oggi è rappresentato al meglio da TikTok.
YouTube è diventato, quindi, un social media in cui l’elemento centrale non sono più le relazioni sociali, ma il contenuto che circola attraverso la piattaforma.
Il successo dell’intrattenimento offerto da YouTube è tale che giovani talenti, autori di video, iniziano a distribuire le loro opere creative attraverso la piattaforma. Il primo obiettivo della distribuzione di video attraverso YouTube è testarne le potenzialità di successo all’interno del sistema dei media (ricordiamo tutti Justin Bieber). Nel tempo, però YouTube viene utilizzata come piattaforma autonoma di distribuzione da video-creator, nascono gli youtuber (ricordiamo Favij) e nuovi generi di intrattenimento (i gamer che raccontano le loro partite in video, o i nuovi generi di brevi video comici).
Contemporaneamente, si sviluppano nuovi modelli di business. Contenuti pubblicitari che si possono integrare con i video generando reddito per i giovani talenti e poi forme di retribuzione erogate dalla piattaforma per i contenuti con i numeri più alti di view. La creator economy nasce anche così e diventa un nuovo segmento dell’industria dell’intrattenimento. Quello fatto di nuovi talenti che producono contenuti per piattaforme diverse dai media tradizionali.
Siamo entrati così in un mondo di creativi/creatori di contenuti, da un lato indipendente dall’industria culturale e quindi più libero e originale, dall’altro compreso nelle logiche dei social media che vogliono gli utenti sempre impegnati, sempre spinti verso un’attività di creazione e produzione di cui beneficiano innanzitutto le piattaforme social.
Tra i nuovi generi che nascono grazie a YouTube, ci sono anche le produzioni video dei brand-ambassador. Appassionati di un brand che realizzano video del loro unpacking (spacchettamento) di un prodotto tanto desiderato (magari un iPhone). La loro passione genera interesse e muove, magari, qualcuno all’acquisto. Da ambassador a influencer retribuiti per promuovere durante i loro video i prodotti che amano (o raccontano di amare) il passo è breve e YouTube è la prima piattaforma che ospita una figura che fa parte ormai del nostro mondo: quella dell’influencer.
Durante questi vent’anni possiamo dire che YouTube ha contributo almeno a tre cambiamenti. Oggi siamo abituati a personalizzare i nostri consumi privilegiando il ritorno sui contenuti che apprezziamo di più anziché esplorare o condividere. L’industria culturale ospita oggi i frutti di una creatività che viene dal basso, anche se ha tutte le caratteristiche della produzione professionale. Esiste una nuova professione, quella del content creator che risponde a logiche produttive nuove, quelle delle piattaforme. Conosciamo nuovi generi di contenuti e certamente l’ironia e la comicità hanno acquisito uno spazio molto più rilevante nella nostra dieta mediale. Le informazioni sui prodotti e i brand sono mediate da figure che stabiliscono con i loro follower rapporti di fiducia nuovi. Non è più solo l’ammirazione o l’aspirazione a guidare verso il consumo (come nel caso dei testimonial che sono sempre figure collocate in un immaginario lontano), ma la somiglianza con chi ci offre consigli, come in un vecchio passaparola.
Sono i valori condivisi con chi ci racconta la sua vita e insieme ci suggerisce degli acquisti.
Accompagnando, e a volte anticipando la storia dei social media, possiamo dire che un pochino sì, YouTube ci ha cambiato la vita.